© 2019 - Michele Bella
Prefazione
Sono passati sette anni da quando nell’estate del 2012 ho iniziato a raccogliere le foto delle tante malghe che sono presenti sul nostro vasto territorio giudicariese, un interesse nato incidentalmente nel 2010 in occasione del progetto «Malghe Aperte» targato 'Consorzio B.I.M. del Chiese'. In questo contesto ebbi modo di realizzare un primissimo, grezzo censimento delle malghe delle Giudicarie, riportato poi in mappa. Avevo di fronte la pietra angolare di quel lungo lavoro di ricerca che dopo diversi anni di aggiustamenti e integrazioni ha dato vita a questa opera, un vero e proprio percorso di analisi storica, geografica e toponomastica che ha avuto la mia dedizione per un lungo periodo di tempo. Di volta in volta gli studi, i sopralluoghi sul campo, le diverse fonti presenti, non hanno fatto che arricchire questo volume, un'opera – non per peccare di superbia – che vuole essere enciclopedia e raccolta di quelle che sono le nostre malghe e la loro storia.
Certo, si dirà, le malghe non sono che uno dei tanti aspetti che hanno governato un tempo la vita delle sette Pievi delle Giudicarie. Vero, cionondimeno l'attività di malga era parte dominante all'interno del più ampio concetto di monte. È del resto proprio 'monte' il termine fondamentale che ho voluto enfatizzare sin dal titolo «Acta montium», ossia 'atti dei monti' - collezione, raccolta di fonti e informazioni riguardanti i monti. Gli innumerevoli pascoli delle malghe, i tanti torrenti, rii, laghi e sorgenti che donano l’acqua, gli ettari di foreste nelle quali si procurava il legname per scaldarsi, costruire, fare carbone e commerciare, i ripidi pendii usati per segare il fieno selvatico, le riserve dove praticare la caccia, non sono che una prima, incompleta lista delle tante attività e risorse che hanno reso le fasce medio-alte delle nostre valli (i monti) territori cruciali e strategici che ciascuna comunità doveva tutelare, regolare e mantenere anche con la forza, scontrandosi sovente con le ville vicine. D’altra parte questi monti si caratterizzavano per essere beni in indiviso, della comunità e non divisi tra i propri vicini come invece è successo – in tempi ben più remoti – per la maggior parte del fondovalle e dei versanti destinati all’attività delle case da monte. Si tratta di beni che possiamo considerare comunitari, goduti esclusivamente dai membri di quelle singole comunità, che come tali dovevano essere difesi e regolamentati. Non occorre insistere su questo punto per comprendere come i monti – con le malghe a farne da cuore – avessero una rilevanza fondamentale per le comunità che li possedevano: il censimento delle oltre cinquecento malghe delle Giudicarie è anche l’occasione per ridare dignità a dei beni e ad una fascia montana che tanto hanno significato storicamente per i nostri antenati.
Del resto, come presto il lettore avrà modo di notare in questa trattazione, più della metà delle malghe censite è ad oggi in stato di rudere, abbandonate e talvolta persino dimenticate dalla memoria. Siamo dinanzi ad un patrimonio montano – per certi versi unico – che rischia di essere perso per sempre, non solo da un punto di vista materiale – inevitabilmente il più delle volte – ma anche immaterialmente. Pertanto, il primo passaggio di questa opera di restituzione alla dignità di quanto i nostri antichi antenati hanno curato e difeso strenuamente è quello di tutelarne la memoria, andando – laddove possibile – ad annotare le notizie di carattere storico e geografico che sarebbero altrimenti dimenticate. È questo il principio che ha ispirato la realizzazione di questo libro, un'opera che, per questi motivi, non vuole assumere un carattere divulgativo, di promozione turistica o generalistico: si tratta di un volume che, attraverso approfondimenti, glosse e note vuole operare una vera e propria rappresentazione storico-geografica di quanto oggi conoscibile in questo contesto. Imprescindibili, ai fini di questo lavoro, sono stati due specifici insiemi di fonti: quello toponomastico grazie all’encomiabile lavoro effettuato dalla Provincia Autonoma di Trento alla fine del secolo scorso sotto la guida di Lydia Flöss e con l’aiuto dei tanti contributori locali, e l’importantissima opera di trascrizione delle antiche carte effettuata da diversi illustri autori, dal Papaleoni al Valenti, dal Rabensteiner al Giacomoni, citando infine il Professor Bianchini, indefesso studioso senza il cui lavoro molti degli spunti che si troveranno in questo libro non sarebbero stati possibili. A queste due solide basi di informazioni si è aggiunto un intenso lavoro di ricerca e analisi storica, bibliografica e cartografica, oltre che 150 sopralluoghi nella totalità delle valli giudicariesi.
In conclusione, al lettore che si appresta ad affrontare questa opera, da parte mia non resta che augurare una buona lettura, chiedendo sin da subito comprensione laddove l’analisi e l’esposizione non siano state esaustive o del tutto corrette: l’enormità delle informazioni che ruotano attorno a questo lavoro meriterebbero sicuramente ulteriori e migliori approfondimenti.
Michele Bella
Lardaro (Sella Giudicarie), luglio 2019
"Il censimento delle malghe delle Giudicarie è anche l’occasione per ridare dignità a dei beni che tanto hanno significato per i nostri antenati"
Michele Bella